L'amore in un ascensore

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L'amore in un ascensore

Pensa a "Love In An Elevator" degli Aerosmith su questo


L'ascensore si fermò a tre piani dalla destinazione. Non di nuovo, pensò. Proprio la scorsa settimana era rimasta intrappolata nello stesso ascensore con lo stesso uomo, quasi nelle stesse circostanze.

"Hanno davvero bisogno di assumere dei nuovi addetti alla manutenzione", dichiarò Raymond Reddington dalla sua posizione dietro di lei, dove era appoggiato alla parete posteriore dell'ascensore.

"Sono sicuro che stanno facendo del loro meglio!" Lizzie sputò acida da sopra la spalla. Certo, anche lei era infastidita, ma avrebbe preso la strada maestra e non si sarebbe lamentata.

"Non posso credere che ci stia succedendo, ANCORA", borbottò.

"Oh, non lo so", rifletté ottimisticamente, "mi è piaciuto l'ultima volta".

Lei si voltò verso di lui, “Mi stai prendendo in giro?! Siamo rimasti bloccati qui per un'ora a discutere; è stata una tortura!

"Oh, mi è piaciuto molto il nostro verbale... sparring." si spinse giù dal corrimano, colmando la distanza tra loro con un passo.

"Veramente?" ribatté lei, sarcastica. "perché ricordo distintamente che hai usato le parole 'incessante', 'volatile' e incompetente' durante la nostra ultima incarcerazione qui." Si voltò per affrontare le porte dell'ascensore, premendo i pulsanti per buona misura.

"Non credo che tu abbia idea di quanto... eccitante trovo i nostri litigi." Si era avvicinato ancora di più, appoggiandosi al suo orecchio mentre parlava.

Si bloccò, la sua schiena si irrigidì mentre tratteneva il fiato alle sue parole. Il timbro della sua voce era sceso di un'ottava e lui era oh, così vicino a lei adesso. Non dovrebbe sentirsi così. Quest'uomo la faceva infuriare ogni volta e lo faceva dal suo primo giorno all'ufficio postale due mesi fa. Era la rovina della sua esistenza, esasperante e intrattabile. Era impossibile lavorare con lui, nascondeva informazioni finché non le riteneva rilevanti e criticava costantemente il suo guardaroba, la sua pettinatura e la sua abilità come agente dell'FBI. Quindi, perché era lì, a lottare per ricordarsi di respirare con ogni sillaba che lui pronunciava? Perché la sua voce le faceva arricciare qualcosa di oscuro e primitivo nello stomaco? Perché stava lottando per non voltarsi e affrontarlo?

"C'è qualcosa di piuttosto... accaldato nel modo in cui sembri quando cerchi di porgermi le palle su un vassoio." continuò dolcemente, "Anche se sono sicuro che ci sono altre cose, più divertenti, che potresti fare con loro." Abbassò la testa e, con il minimo dei tocchi, le mordicchiò l'orecchio.

Incapace di controllarsi ulteriormente, si girò di scatto e si lanciò contro di lui, costringendolo a fare un passo indietro per sostenere il suo peso mentre lo inchiodava al muro con il suo bel corpo.

Le sue mani erano ovunque, ad artigliare i suoi vestiti. Le sue labbra imprigionarono le sue, le sue mani sul suo viso mentre rilasciava mesi di tensione sessuale repressa. Davvero non l'aveva sentito per tutto quel tempo? Avevano chimica, un ardente fascino l'uno per l'altro e lui stava cantando le lodi dell'incompetente squadra di manutenzione nella sua testa che finalmente aveva l'opportunità di mostrarle quanto potevano essere bravi insieme.

Gli tirò la cravatta, allentandola quanto bastava per sfilargliela dal collo e poi gli strappò la camicia e il gilet, facendo volare i bottoni. La sua bocca era sul suo collo, mordendole sopra il punto del polso, mentre lei gli faceva scorrere le mani sul petto.

La afferrò per i fianchi, sollevandola intorno alla vita, girandosi per sbatterla con la schiena contro il muro. Le infilò le mani sotto le cosce e lei gli avvolse le gambe attorno, trovando di nuovo la sua bocca e tracciandolo con la lingua. Le fece scivolare una mano sotto la camicia e le slacciò il reggiseno con la punta delle dita, tenendola in equilibrio contro il muro, facendo dondolare i fianchi contro i suoi e facendola dimenare mentre si riempiva la mano con la sua carne cremosa. Lei gemette contro la sua bocca quando fece schioccare la punta delle dita contro il suo capezzolo, facendolo sbattere contro il suo palmo.
Senza perdere tempo, si allungò tra di loro, sollevandole la gonna intorno alla vita solo per scoprire che non indossava mutandine. "Oh, piccola," gemette lui nella sua bocca, "Sarà così bello." Trovandola già bagnata e pronta, fece scivolare il cazzo fuori dai pantaloni e si tuffò dentro di lei.

Le sue urla vibravano fuori dal minuscolo recinto mentre lui si spingeva dentro di lei, stabilendo un ritmo punitivo, che lei abbinava, spinta dopo spinta. Volendo portarla, lei abbassò la sua mano tra di loro, massaggiandosi vigorosamente la clitoride finché non la sentì stringersi attorno a lui, gridando il suo nome. continuò a pompare dentro di lei finché non esplose dentro il suo corpo, schiacciandola a sé, la sua bocca bevendo le sue grida di appagamento.

Rimasero così per lunghi minuti, la fronte di lui appoggiata contro quella di lei, il sudore che si raffreddava sulla loro pelle. Quando finalmente il loro respiro iniziò a rallentare, allentò la presa su di lei quel tanto che bastava perché lei potesse abbassare le gambe e poi le fece scivolare entrambe sul pavimento, cullandola contro di sé. Ancora ansimando leggermente, le diede un bacio sulla tempia e appoggiò la testa contro il muro.

Notò la soddisfazione nella sua voce quando la sentì borbottare: "Avremmo dovuto farlo mesi fa".

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